mercoledì 6 febbraio 2013

Il Politecnico di Milano pubblica il report dell'Osservatorio Risk Management nelle PMI italiane


L'Osservatorio Risk Management nelle PMI italiane è realizzato dal Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano nell'ambito delle attività della Cattedra Cineas di Global Risk Management, in collaborazione con the FinC - the Finance Centre e con CONFAPI Industria.


Campione: 427 PMI italiane distribuite su tutto il territorio nazionale ed appartenenti a tutti i settori dell’economia. 
Il report completo è scaricabile da http://www.risk-governance.eu


La ricerca si è focalizzata su quattro aree principali:

1) L’approccio alla gestione del rischio
Un primo risultato evidenzia come una buona parte (53%) delle imprese percepisca correttamente il rischio non solo come fonte di minaccia, ma anche come fonte di opportunità, superando la vecchia concezione, molto diffusa fino a pochi anni fa anche nelle grandi imprese, secondo la quale i rischi presentano solo aspetti negativi che incidono negativamente sui risultati dell’impresa.

Se anche le grandi imprese stentano a spostare la loro cultura del rischio verso il dualismo minaccia-opportunità, una tale inattesa maturità da parte di imprese di piccole e medie dimensioni rappresenta un segnale molto positivo.
Coerentemente ad un atteggiamento maturo verso il concetto di rischio, un terzo (33%) delle PMI intervistate adotta un approccio proattivo verso la gestione del rischio. Tale percentuale aumenta al 45% se si considera il sottoinsieme delle imprese che hanno dichiarato di percepire il rischio come un’opportunità.



2) Il processo di risk management 
Per quanto concerne l’esposizione alle diverse tipologie di rischi, il rischio finanziario viene percepito come l’area più critica (48% delle aziende), seguito da quello operativo (35%); le stesse categorie di rischio, operativo e finanziario, sono anche quelle che assorbono maggiori risorse, secondo il 46% e il 41% degli intervistati. 
Più in particolare prevalgono, tra i rischi strategici, il rischio di controparte e il rischio di concentrazione, considerati rispettivamente dal 49% e dal 51% degli intervistati, il rischio di credito (60%) tra i finanziari e il rischio connesso ai processi (53%) tra gli operativi.



3) L’evoluzione del profilo di rischio
Oggi il 17% degli intervistati ritiene di avere un profilo di rischio alto, il 58% medio e il 25% basso. L’incidenza delle imprese che negli ultimi 5 anni hanno visto aumentare il loro profilo è elevata (35%), così come quella che prevede un aumento nei prossimi anni (25%), mentre solo un modesto 5% ritiene che il profilo di rischio potrà ridursi nel prossimo futuro.
La consapevolezza che, nello scenario attuale, non sia possibile rimanere competitivi sul mercato e contemporaneamente ridurre il profilo di rischio dell’impresa, si riflette anche sulle risorse investite nella gestione dei rischi: praticamente nessuna delle aziende intervistate prevede di ridurre il proprio profilo di rischio nei prossimi tre anni, e tra quelle che prevedono un aumento del profilo di rischio, ben il 57% dichiara che gli investimenti in risk management cresceranno nei prossimi anni. 



Incrociando le informazioni sulla dinamica del profilo di rischio con quelle sulle operazioni effettuate negli ultimi tre anni, si è potuto verificare che ad un profilo di rischio in crescita è spesso associata l’entrata in nuovi mercati, l’operazione straordinaria di gran lunga più diffusa, che interessa ben il 59% delle imprese del campione, confermando la forte spinta all’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese italiane.


Andando ad analizzare le tecniche e gli strumenti che le PMI adottano per la valutazione dei rischi, si può notare come la maturità in termini di percezione del rischio stenti a confermarsi quando si viene alla verifica operativa della sua gestione.
Sono poche le imprese che si sono dotate di procedure formali e standardizzate per le diverse fasi che compongono il processo di risk management (identificazione, stima, trattamento, monitoraggio e reporting): l’82% delle imprese formalizza meno di tre fasi su cinque, e solo il 3% le formalizza tutte; altrettanto poche sono quelle che, indipendentemente dalle tecniche adottate, misurano la probabilità di accadimento (37%), mentre il 63% considera gli impatti finanziari dei rischi cui è esposto.



In quanto alle modalità di trattamento dei rischi identificati, un dato tra tutti evidenzia una generale impreparazione delle PMI ad affrontare le nuove sfide offerte dal business: tra le imprese che realizzano tra il 25% e il 75% del proprio fatturato in valuta diversa dall’Euro, il 79% non tiene in considerazione il rischio di cambio e non adotta alcun tipo di copertura; sorprendentemente, è ancora maggiore (91%) l’incidenza delle aziende che non tengono in considerazione il tasso di cambio tra quelle che realizzano più del 75% del fatturato in valuta diversa dall’Euro.


Il monitoraggio avviene nella maggior parte dei casi una o due volte l’anno (31% e 36%); in qualche circostanza anche trimestralmente (nel 20% dei casi). Più rare sono situazioni di monitoraggio molto frequente, in cui viene effettuato almeno una volta al mese e probabilmente riconducibili a situazioni di emergenza che le imprese si sono trovate ad affrontare, in seguito all’assunzione di una eccessiva esposizione al rischio. Per monitorare la performance/esposizione, la maggior parte degli intervistati fa uso del risultato operativo e del risultato della gestione ordinaria (rispettivamente 37% e 28%). Poco utilizzate sono misure come l’EVA, il VaR, il RAROC, la volatilità degli utili e altre misure risk-adjusted, e ciò è in linea con le aspettative secondo le quali le PMI, in virtù della ridotta dimensione e quindi della limitatezza delle risorse, non adottano strumenti particolarmente sofisticati come potrebbero essere, appunto, delle misure di performance aggiustate per il rischio.


Per quanto riguarda i ruoli e le responsabilità in termini di gestione del rischio, solo l’1% delle imprese intervistate dedica una risorsa ad attività di risk management a tempo pieno; l’11% delle imprese affida il compito a consulenti esterni, mentre nella grande maggioranza dei casi (88%) il compito è assolto da una figura interna che ricopre altri ruoli e che dedica parte del suo tempo alla gestione del rischio. Tale figura interna è prevalentemente l’Amministratore (58%) e, più di rado, il Direttore Finanziario (26%) o una figura che riporta a lui (8%).


Il Consiglio di Amministrazione, quando è coinvolto nel risk management, ne definisce la strategia (43% dei casi), ma nel 28% delle imprese esso non è coinvolto in alcun modo. Tuttavia, segmentando le aziende per il numero di anni da cui hanno intrapreso attività di risk management, si nota come il CdA sia coinvolto nella quasi totalità di quelle più mature (98% tra quelle che adottano tecniche di risk management da più di 5 anni, 100% tra quelle che le adottano da più di 10 anni).



4) La cultura del rischio, comunicazione e formazione. 
Infine, si è voluto analizzare quanto la cultura del rischio sia diffusa all’interno dell’azienda attraverso iniziative specifiche di formazione e divulgazione: quasi nessuna azienda prevede iniziative di questo tipo rivolte a tutti i dipendenti, ma solo al top management (per il quale sono previsti corsi formazione ad hoc nel 17% dei casi, seminari nel 16% e workshop nel 19% dei casi) e ai responsabili della gestione del rischio (per il quale sono previsti corsi formazione ad hoc nel 23% dei casi, seminari nel 15% e workshop nel 20% dei casi).
Il 17% delle aziende dichiara di avere in programma per il futuro iniziative rivolte a tutti i dipendenti, il 32% iniziative rivolte solo al top management e 31% rivolte ai responsabili per la gestione del rischio.
D’altra parte, ciò è coerente con il fatto che, nella maggior parte dei casi, anche la comunicazione interna sui rischi non riguarda tutti i dipendenti, ma solo i diretti interessati (78% degli intervistati).




Il report completo è scaricabile da http://www.risk-governance.eu


Per maggiori informazioni: riskmanagement@polimi.it



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